Riassunto Capitolo 1 Promessi Sposi

Il primo capitolo inizia con accurata e realistica descrizione dei luoghi dove vivono Renzo e Lucia i protagonisti della storia. Con un’ampia panoramica il Manzoni si sofferma a mostrare il lago, i monti che lo circondano (il Resegone e il San Martino), il fiume Adda, il borgo di Lecco e i paesi intorno, quindi passa all’ambientazione storica della vicenda, raccontando della dominazione spagnola in queste terre con soldati stranieri che commettono violenze sulle donne, saccheggi nei campi e soprusi di ogni genere. Inizia così la vicenda: è la sera del 7 novembre 1628 e Don Abbondio passeggia, come è solito fare, leggendo il breviario. Ad un certo punto, ad una biforcazione della strada, nei pressi di un tabernacolo dipinto, vede due figuri che non avrebbe mai voluto vedere, sono due bravi che stanno aspettando proprio lui. Portano i capelli lunghi, raccolti in una reticella dalla quale esce solo un ciuffo che ricade sulla fronte, e dai vestiti si intravedono armi spaventose. La specie dei bravi era molto diffusa in quegli anni e il Manzoni fa un minuzioso elenco di grida, le leggi di quell’epoca, che prevedono pene severe per i bravi, che sono al servizio dei potenti. Il Manzoni, con ironia, ci fa comprendere l'inefficacia delle grida, perché comunque anche chi le deve fare rispettare, non osa mettersi contro i potenti. Don Abbondio capisce egoisticamente che i bravi stanno aspettando proprio lui, dopo aver guardato se per caso ci fosse qualcuno che potesse soccorrerlo e cercato inutilmente vie di fuga va incontro loro, ostentando finta tranquillità, recitando il breviario ad alta voce quasi per farsi compagnia e darsi coraggio. I bravi gli bloccano la strada e con minacce di morte gli intimano di non celebrare il matrimonio tra due giovani del luogo: Renzo Tramaglino, un filatore di seta e Lucia Mondella, una lavoratrice della filanda. Don Abbondio è spaventatissimo, cerca di lusingare i due e di giustificarsi dicendo che a lui non viene nulla in tasca se quei ragazzacci vogliono maritarsi. Si mostra subito complice e si dichiara disposto all'obbedienza, soprattutto quando sente il nome di don Rodrigo, il padrone dei due bravi. I due dopo averlo minacciato lo salutano frettolosamente con un imprecazione, certi dell’obbedienza del curato, il quale invece vorrebbe ora trattenerli e chiedere consiglio per non celebrare il matrimonio. Il Manzoni si sofferma nuovamente ad illustrare il clima di sopraffazione che caratterizza il Ducato di Milano sotto la dominazione spagnola: i potenti possono impunemente commettere ogni tipo di violenza, mentre i deboli sono costretti a subire senza nessuna protezione ed elenca le vari classi sociali dell’epoca (clero, nobili, militari,mercanti, artigiani, giurisperiti) con i vantaggi che ne derivano facendone parte. Da lì, l’Autore prende spunto per descrivere e giustificare la psicologia di Don Abbondio. Il nostro curato, come affettuosamente viene chiamato, fin dalla fanciullezza, si rivela un debole e un timoroso, incapace di affrontare le difficoltà della vita in un'epoca tanto violenta: un vaso di terra cotta fra tanti vasi di bronzo. Egli, non per una vera vocazione religiosa, sceglie la strada sacerdotale ma perché gli da la possibilità di appartenere ad una classe privilegiata e protetta. Don Abbondio per poter star tranquillo e non cacciarsi nei guai, bloccato dalla paura, ha un comportamento caratterizzato dal servilismo, dall’opportunismo che lo porta a stare sempre dalla parte del più forte e a giustificarne i comportamenti, criticando chi non pensa ai fatti propri. Così mentre intraprende la strade verso la curia, fra sé e sé immagina le reazioni di Renzo, buono come un agnello se non contraddetto e ripensa a ciò che avrebbe dovuto dire ai bravi. Avrebbe dovuto mandarli direttamente da quei due giovani, si rende però conto che questo sarebbe stato troppo. Così segretamente insulta quel don Rodrigo, che tante volte aveva difeso quando altri avevano inveito contro di lui. Giunge così a casa affannato e spaventato, dove lo attende Perpetua, la sua serva. Da una parte Don Abbondio non vede l’ora di confidarsi, dall’altra la donna non vede l’ora di sapere. Così dopo molti tentennamenti e giuramenti, finalmente il povero curato si sfoga e si confida con lei, ma non accetta i suoi saggi consigli. Infine, stremato, va a dormire, già pentito per la rivelazione e raccomanda alla donna di non far parola con nessuno.