Analisi del testo
L'ottavo capitolo è l'ultimo della fase “borghigiana” del romanzo. I due Promessi da questo momento in poi saranno separati.
Il capitolo si distingue in cinque sequenzei:
1. il fallito tentativo di matrimonio in casa di don Abbondio
2. il colpo fallito dei bravi
3. l'assembramento della folla ai ritocchi della campana
4. l'incontro dei Promessi e di Agnese in chiesa col padre Cristoforo
5. l'abbandono del paese
La struttura narrativa del capitolo è complessa. I primi due episodi mantengono i tratti della commedia anche con scene da rappresentazione comica. Così la vicenda di don Abbondio sorpreso mentre leggeva tranquillamente, prima dai due fratelli, la sceneggiata della restituzione della collana che prende con fare circospetto dall’armadio, poi la formula del matrimonio non terminata, il tappeto gettato sulla testa di Lucia, Don Abbondio che fugge rincorso da Renzo, Don Abbondi che finalmente riesce a chiedere aiuto e subito si pente del clamore, tutta la scena sembra quasi un ritmo di balletto, mentre la spedizione dei bravi è colma di attesa e anche di beffa. I bravi si aspettano di trovare Lucia in casa ma lei e nessuno c’è, coloro che dovevano rapirla con l’inganno sono rimasti beffati. Nelle sequenze il Manzoni utilizza invece una tecnica narrativa diversa, quella del disegno di quadro, con caratteri differenti: quadro vivace quello della folla, solenne quello della preghiera di fra Cristoforo, con i fuggitivi intorno e quadro paesistico, infine, quello finale, dove il paesaggio stesso si anima di intensità di ricchezza affettiva perchè suscita il pianto segreto di Lucia che si lascia andare nascondendo il volto con un abbraccio appoggiato alla sponda della barca.
Luoghi:
• il primo luogo citato in questo capitolo è la casa di Don Abbondio
• il secondo luogo è la casa di Agnese e Lucia
• il terzo è la piazza dove accorre la folla
• il quarto è la campagna rischiarata dalla luna che fa da teatro alla fuga verso il convento
• il quinto è la chiesa di notte dove vengono accolti i fuggitivi da Fra Cristoforo
• l’ultimo è il lago illuminato dalla luna, piatto, mosso solo dai remi del barcaiolo, circondato da quei monti tanto cari e da quei torrenti il cui rumore è così familiare
Tempo: la vicenda si svolge in una notte: “la notte degli imbrogli”
Personaggi
Don Abbondio: dipinto con grande maestria nel suo volto rugoso, coi suoi folti baffi rischiarato dalla luna. In tutta la sua diffidenza quando apre l’armadio tenendolo semi chiuso per non mostrare chissà quali segreti, quando con un balzo chiude la bocca a Lucia e goffamente riesce a raggiungere la finestra e grida aiuto. Poi però vorrebbe fare marcia indietro, teme le conseguenze di tutto quel clamore.
Renzo: è spaventato, ma deciso a sposarsi, solo dopo il fallimento del matrimonio la paura prende il sopravvento.
Agnese: è abile ad ingannare Perpetua colpendola nella sua vanità femminile. E’ ansiosa per la figlia e commossa per l’aiuto del piccolo Menico.
Lucia: spaventata con il cuore in tumulto quando arriva davanti a Don Abbondio. Nostalgica e sfiduciata nell’addio ai suoi monti.
Menico; nipote di Agnese, vivace e servizievole, spaventato, ma forte responsabile per l’importanza di avvisare del pericolo, rappresenta quasi la Provvidenza.
Griso: abile paragonato ad un bravo cane pastore quando guida i suoi brave e quando li incita a stare compatti.
Tonio: testimone più “sveglio” disposto ad aiutare Renzo in cambio dell’estinzione di un vecchio debito con Don Abbondio. Si fa restituire la collana e consegnare la ricevuta per il debito estinto.
Gervaso: fratello tonto di Tonio, sempliciotto che fa la sua parte con molta diligenza
Fra Cristoforo: appare come un santo che aspetta di aiutare i suoi fedeli, è autorevole riesce ad organizzare la fuga è sempre pronto a ringraziare il Signore per la fede che li conforta e prega anche per chi la fede non ha. E’ completamente diverso da Don Abbondio.
Commento
Questo capitolo è un capolavoro alterna parti dialogiche a parti descrittive di stati d’animi. Persone e luoghi. Fra i protagonisti è la luce lunare che accomuna tutte e cinque le sequenze, illuminando i sopraccigli folti di don Abbondio, la piazza in cui si raduna la folla, la barba candida del padre Cristoforo, il lago e la scia resa argentata della barca che trasporta i fuggitivi.
Altro elemento fondamentale è anche il suono, che gioca un ruolo importantissimo nel capitolo: il contrasto rumore-silenzio determina gran parte degli effetti: come per lo scricchiolìo del passo del bravo nella casa ormai abbandonata di Lucia, per il lacerante rintocco della campana a martello, o per il tonfo misurato dei remi, che fa da contrappunto ai segreti pensieri di Lucia. Altamente musicale è l’ "Addio", dove il Manzoni ricorda la sua vena liricao.
Emerge poi lo spirito religioso dell’autore nella considerazione che ha per padre Cristoforo, capace di una totale rinuncia di sé, e che culmina nella preghiera di perdono per il nemico, e quella ben più umana e commovente di Lucia, che è poi la possibilità di superare ogni contrasto, ogni dolore della vita, perchè riconduce tutto alla luce di Dio.
E' questa la sostanza del celeberrimo finale, lo "Addio monti sorgenti", dove la religiosità si risolve tutta nel pianto di Lucia, pianto per l'abbandono del paese, per il destino incompiuto di sposa e di madre, per le sofferenze che attendono Renzo a lei negato da un destino ostile; legame alla terra natale, amore, dolore: i valori eterni di cui è sostanziata la vita dell'uomo, quei pochi che danno un vero senso alla vita. Il pianto è una altissima preghiera.