«Carneade! Chi era costui?» si chiede Don Abbondio che sta tranquillamente leggendo un libro imprestatogli dal curato suo vicino, quando Perpetua entra nella stanza dicendo che Tonio vuole saldare quel debito che ha verso di lui. Si lamenta dell’ora, ma conviene con Perpetua che è meglio pigliare al volo Tonio perché altrimenti chissà quando sarebbe tornato.
Quando Perpetua scende a chiamare i due fratelli c’è anche Agnese che la intrattiene con un inganno mentre Tonio e Gervaso salgono le scale. Agnese dice che una donna in paese afferma che Perpetua non si è sposata perché nessuno l’ha voluta. A quel punto Perpetua punta sul vivo comincia a controbattere all’affermazione intanto Agnese con astuzia la porta fuori dove Perpetua non può più vedere l’entrata, poi tossisce (è il segnale) e Renzo e Lucia zitti zitti, piano piano con molto timore, salgono le scale, nascondendosi dietro ai due fratelli, che aprono l’uscio della camera del curato.
Don Abbondio stava su una vecchia seggiola, ravvolto in una vecchia zimarra, con in capo una vecchia papalina, che gli faceva cornice intorno alla faccia, al lume scarso d'una piccola lucerna. Due folte ciocche di capelli gli scappavano fuor della papalina, due folti sopraccigli, due folti baffi, un folto pizzo, tutti canuti, e sparsi su quella faccia bruna e rugosa, potevano assomigliarsi a cespugli coperti di neve, sporgenti da un dirupo, al chiaro di luna. Tonio paga il suo debito ed in cambio chiede che gli sia restituita la collana della moglie data in pegno, così Don Abbondio con fare di circospezione mette il viso e allunga una mano nell’armadio semichiuso, prende e restituisce la collana. Tonio però pretende uno scritto liberatorio e mentre Don Abbondio a malincuore scrive i due fratelli si separono come fossero un sipario ed ecco uscire i due promessi. Renzo pronuncia la fatidica frase “questa è mia moglie”, e quando anche Lucia sta per farlo, Don Abbondio accortosi dell’inganno le copre il volto con un tappeto, quasi la soffoca, spegne il lume facendolo cadere e si lancia verso la finestra per chiedere aiuto, intanto gli altri a tastoni trovano la scala e fuggono. Le grida di Don Abbondio sono udite dal sagrestano che comincia a suonare le campane facendo accorrere la folla. Intanto alla casetta deserta delle due donne sono sopraggiunti i bravi con l’intento di rapire Lucia. Salgono indisturbati e insospettiti da tanto silenzio si accorgono che la casa è vuota, sopraggiunge Menico che li sorprende e riesce a fuggire quando le campane cominciano a suonare. Il Griso raduna i bravi come un buon cane pastore e li incita a stare uniti in modo che nessuna possa contrastarli. Intanto anche Agnese e Perpetua sentono le campane e tornano alla casa del curato, la folla accorre nella piazza illuminata dalla luna, Agnese incontra Renzo e Lucia, non osa chiedere come è andata, intanto sopraggiunge Menico che li avvisa che c’è il diavolo in casa.
Nel frattempo Don Abbondio si pente di aver fatto tanto clamore e manda via la folla ringraziandola dicendo che ormai non c’è più pericolo. Intanto Agnese, Renzo, Lucia con Menico fuggono spaventati, il loro cuore batte forte si fermano stremati solo quando le campane smettono di suonare. Commossi ringraziano il piccolo Menico e gli danno più soldi di quanto promesso. Il ragazzo torna verso casa, mentre i tre raggiungono Fra Cristoforo, con la sua barba argentea illuminata dal chiar di luna, li stava aspettando, ignaro di tutto quello che era accaduto. Lui pensava solo che Menico fosse riuscito ad avvisarli dell’intenzione del rapimento di Lucia e null’altro. Quella però “era la notte degli imbrogli”così nessuno fa parola del matrimonio fallito. Fra Cristoforo indica loro il da farsi: Agnese e Lucia andranno al sicuro in un convento a Monza e Renzo a Milano da padre Bonaventura, un barcaiolo li condurrà in salvo: basterà pronunciare la parola d’ordine. Poi tutti pregano, Fra Cristoforo ringrazia il Signore per la fede e prega anche per Don Rodrigo che non ha questo conforto. Si salutano commossi, i giovani con Agnese raggiungono la barca salgono. Con infinita tristezza Lucia guarda indietro dà l’addio ai monti tanto cari, ai fiumi di cui conosce ogni voce, alla valle, alla sua casetta e pensa che il suo non è il viaggio di colui che se ne va altrove per cercare fortuna, lei non sceglie di andare e questo rende ancora più struggente l’addio, di poco diversi sono i pensieri degli altri pellegrini…